Forse il più intimo e il più devoto culto della religione romana è quello che si consacrava ai geni protettori che vigilavano sulla casa, sul focolare e sulla camera, cioè nel culto pubblico quello di Vesta e dei Penati, nel culto delle case gentilizie, quello degli dei dei boschi e dei campi, dei silvani, e più ancora quello delle divinità domestiche, dei Lasi o Lari, a cui regolarmente veniva offerta una porzione del cibo, e davanti ai quali, fino ai tempi di Catone il maggiore, il padre di famiglia, appena rimesso il piede in casa, prima di ogni altra cosa soleva compiere le sue devozioni. Ma questi numi domestici e campestri prendevano nella gerarchia degli dei l'ultimo posto anzichè il primo. Non era la più vasta e più generale astrazione, sibbene la più semplice e la più individuale quella in cui lo spirito di devozione trovava il suo più vivo nutrimento.
Con questo basso concetto degli elementi ideali procedeva la tendenza pratica e quella utilitaria della religione romana, come si rileva dal calendario delle feste già accennate.
Il Romano altro non chiede ai suoi dei che l'aumento del suo patrimonio e l'abbondanza del raccolto e la prosperità nella pastorizia, nella navigazione e nel commercio; è perciò che presso i Romani sono onorati il dio della fede serbata (deus fidius), la dea della sorte e della fortuna (fors, fortuna), il dio del commercio (Mercurio), tutte divinità sorte dai bisogni elementari dell'uomo.
La rigorosa parsimonia e la speculazione commerciale erano troppo profondamente radicate nello spirito romano, perchè la loro divina rappresentazione non dovesse riflettersi nelle sfere più intime della religiosità.
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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 327 |
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