Vi domina una tetra e insieme monotona misticità, un giuoco di numeri, una interpretazione di segni e quella solenne sicumera della scienza ciarlatanesca che trova un uditorio in tutti i tempi. Noi non conosciamo, a dir vero, il culto degli Etruschi così chiaramente e direttamente come conosciamo quello dei Latini; ma ammesso anche che posteriori fantasticherie abbiano appiccicato alla religione etrusca molte cose che le erano estranee, e supponendo inoltre che ci siano sopraggiunte soltanto le parti più tetre e fantastiche del loro culto, e quelle appunto che più si scostavano dalle idee religiose dei Latini – supposizioni entrambe che non devono essere molto lontane dal vero – malgrado tutto ciò, quello che ci rimane basta per assicurarci che il misticismo e la barbarie di questo culto dipendevano veramente dall'intimo carattere del popolo etrusco. Non si potrebbe ora determinare l'intrinseca antitesi tra l'idea della divinità presso gli Etruschi, pochissimo nota, e quella degli Italici; ma è certo che gli dei degli Etruschi si presentano a prima vista cattivi e maligni, e anche il culto è crudele e si spinge fino al sacrificio dei prigionieri – così si macellavano in Cere i prigionieri focesi, come in Tarqueno i prigionieri romani. In luogo del silenzioso mondo dei trapassati «buoni spiriti» che dominavano gli spazi dell'abisso, immaginato dai Latini, per gli Etruschi appare un vero inferno, ove, per esser tormentate con mazze e serpenti, vengono condotte le povere anime dal nocchiere della morte, figura di vecchio selvaggio, mezzo bestia, munita di ali e d'un gran martello; figura che servì più tardi ai Romani per mascherare l'uomo che trascinava fuori dell'arena i cadaveri degli uccisi.
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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 327 |
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