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      Il motivo di questo caso sorprendente è, che nel Lazio il commercio all'ingrosso fu sino dalle origini nelle mani dei grandi proprietari: la quale spiegazione non è, come pare a prima vista, molto lontana dall'ordinario andamento delle cose. Che in un paese attraversato da molti fiumi navigabili il grosso possidente, che riceve dai suoi affittavoli in conto di canone una parte dei prodotti delle terre, e che nel tempo stesso si trova possessore di navi, dia opera al commercio, non è cosa nè insolita nè strana. Possedendo i mezzi di trasporto e le materie di esportazione, esso solo poteva esercitare attivamente il commercio oltremarino. Ed è un fatto, che i Romani de' primi tempi non conoscevano l'antitesi tra l'aristocrazia territoriale e l'aristocrazia di borsa: i grossi possidenti sono sempre nello stesso tempo gli speculatori ed i capitalisti. Con un commercio molto attivo sarebbe stato affatto impossibile che continuasse a lungo questa unione in una sola classe della proprietà territoriale e del commercio estero. Di più si deve notare, che questo commercio, come abbiamo cercato di provare fin qui colla nostra narrazione, si faceva in Roma, perchè questa città era il mercato generale del Lazio; ma in sostanza Roma non fu mai una piazza mercantile come Cere e Taranto, e fu e restò sempre la fiera e il centro d'un paese d'agricoltori.
     
     
      QUATTORDICESIMO CAPITOLO
     
      MISURE E SCRITTURA
     
      L'uomo assoggetta il mondo coll'arte del misurare; e coll'arte dello scrivere fa sì che la sua intelligenza cessi di essere effimera come è effimero egli stesso; entrambe danno all'uomo ciò che la natura gli ricusò: l'onnipotenza e l'eternità. La storia ha il diritto e il dovere di considerare il progresso dei popoli anche su queste vie.


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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 327

   





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