Per quel che riguarda l'Italia, vi si rinvengono radicati tutti i più antichi ragguagli del sistema decimale; e basterà ricordare la tanto comune decina dei testimoni, de' mallevadori, degli inviati, dei magistrati, il pareggiamento legale d'un bue con dieci pecore, la divisione del distretto in dieci curie, e in generale le istituzioni decurionali, la limitazione, la decima pei sacrifici e la decima dei campi, le decimazioni e il prenome Decimo.
Applicazioni di questo antichissimo sistema decimale rispetto alla misura, alla notazione e alla scrittura sono le cifre italiche degne di grande considerazione. All'epoca della separazione dei Greci e degli Italici è evidente che non esistevano ancora segni numerali. Noi troviamo invece per le tre più antiche e indispensabili cifre, l'uno, il cinque e il dieci, tre segni I, V ovvero ?, e X, i quali sono manifeste rappresentazioni del dito solo, della mano aperta e d'entrambe le mani, che non sono tolte nè dagli Elleni, nè dai Fenici ma sono usate comunemente dai Romani, dai Sabelli e dagli Etruschi. Non si può non riconoscere in queste cifre i più antichi ed esclusivamente nazionali principii della scrittura italiana, e nello stesso tempo una prova dell'attività dell'antichissimo commercio interno degl'Italici nell'età in cui ancora non erano cominciati i commerci oltremarini. Quale tra le tribù italiche abbia inventato questi segni, o da chi li abbia presi, non si può sapere. Del resto sono scarse le traccie del sistema decimale puro.
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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 327 |
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