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      Non mancano altri numerosissimi ed evidenti indizi ad attestare la grande antichità dell'arte della scrittura in Roma. L'esistenza di documenti dell'epoca dei re è provata sufficientemente; così quella del trattato tra Gabio e Roma conchiuso da un re Tarquinio, probabilmente non dall'ultimo di questo nome; trattato scritto sulla pelle del toro sagrificato in tale occasione e che si custodiva nel tempio di Sancus sul Quirinale, ricco di antichità, e forse salvato dall'incendio dei Galli; quella del trattato d'alleanza conchiuso dal re Servio Tullio col Lazio, veduto ancora da Dionisio su una tavola di rame nel tempio di Diana sul monte Aventino, certamente in una copia fatta dopo l'incendio coll'aiuto d'un esemplare latino, non essendo probabile che ai tempi dei re s'incidesse già sui metalli. Ma già allora si scalfiva (exarare, scribere, affine di scrobes111, o si dipingeva (linere da cui littera) sopra foglie (folium), scorze (liber) o sopra tavole di legno (tabula, album), e più tardi anche sopra pelli e sopra tele. Le sacre scritture dei Sanniti e del clero di Anagni erano scritte su rotoli di tela come le più antiche serie dei magistrati romani, che si custodivano nel tempio della dea della memoria (Iuno moneta) sul Campidoglio. E pare superfluo ricordare un'altra volta l'antichissimo uso di marchiare il bestiame ammesso ai pascoli (scriptura), e d'apostrofare i senatori colla formola: «Padri e coscritti» (patres conscripti), la vetustà dei libri delle famiglie, dei libri degli oracoli, del calendario albano e romano.


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Storia di Roma
1. Dalla preistoria alla cacciata dei re da Roma
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 327

   





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