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      E se anche talvolta, per caso, qualche patrizio avverso alla prevalenza dell'aristocrazia perveniva alla prima magistratura, il suo potere era sempre controbilanciato dai sacerdoti penetrati dall'aspro spirito aristocratico e dal potere del suo collega, e all'uopo agevolmente sospeso col chiamare la dittatura; ad ogni modo gli mancava quel che più importa, cioè il primo elemento del potere politico: il tempo.
      Il capo d'una repubblica, qualunque sia il potere che gli venga largito, non riuscirà ad afferrare la somma delle cose se non rimane in ufficio per lungo tempo, poichè la condizione più necessaria d'ogni dominio è la durata. In conseguenza di ciò, l'influenza del senato, la quale, come quella di un corpo politico vitalizio, non deve essere stata indifferente sin dai tempi dei re, acquistò, quando sottentrarono le signorie annuali, una così grande importanza, che, avendo preso effettivamente la direzione ed il governo della cosa pubblica e ridotto il supremo magistrato a non essere altro se non e il suo presidente e l'esecutore dei suoi voleri, capovolse di netto le condizioni dello stato. Ogni proposta da farsi al comune, sia per essere accettata, sia per essere rigettata, era prima esaminata in senato; la cui approvazione, secondo gli ordini costitutivi, non era già necessaria, ma l'uso e l'opinione volevano che non se ne potesse, impunemente, fare a meno.
      Nè meno imperiosamente richiedeva la consuetudine, che si rispettasse il voto del senato in materia d'importanti negoziati e trattati coi popoli stranieri, nell'amministrazione e nella distribuzione dei beni comunali, e in generale per qualunque disposizione dovesse avere conseguenze durabili oltre il periodo della magistratura temporanea: cosicchè al console altro non rimaneva che l'indirizzo degli affari ordinari, l'istruzione dei processi civili ed il comando in guerra.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376