Le conseguenze si offrono naturalmente. La prima ed essenziale condizione d'ogni governo aristocratico è che la pienezza del potere dello stato non risieda in un solo individuo, sibbene in una corporazione; ora si era impossessata del governo una corporazione essenzialmente nobile, cioè il senato, ed il potere esecutivo non solo era rimasto alla nobiltà, ma ancora interamente subordinato alla corporazione.
Sedevano, a dir vero, nel consiglio moltissimi uomini non nobili; se non che, essendo essi inetti a coprire cariche, quindi esclusi da ogni partecipazione effettiva al governo, avevano per conseguenza anche nel senato una parte subordinata ed inoltre erano tenuti in una pecuniaria dipendenza dalla corporazione in grazia dell'importante concessione dell'uso del pascolo comunale.
Il formale illimitato diritto dei consoli patrizi di rivedere e di modificare, almeno ogni quattr'anni, la lista dei senatori, quantunque non avesse il minimo effetto sulla nobiltà, poteva benissimo servire i suoi interessi; il plebeo, veduto di mal occhio, poteva, in forza di questo diritto di epurazione, essere tenuto lontano dal senato e anche esserne escluso. È dunque assolutamente conforme al vero che l'immediata conseguenza della rivoluzione fu lo stabilimento del governo aristocratico; ma non è questa tutta la verità.
12. Opposizione dei plebei. Quand'anche la maggior parte dei contemporanei della rivoluzione abbia potuto credere che, in conseguenza della cacciata dei re, i plebei fossero caduti sotto un più rigido dispotismo, noi, posteri e consci delle ultime conseguenze di questo fatto, possiamo già vedervi i germi della nascente libertà.
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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 376 |
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