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      I questori patrizi, a cui era commessa l'esazione di questa imposta, usavano molta indulgenza ed a poco a poco la lasciarono andare in disuso.
      Fino ad allora si erano, a mano a mano, fatte assegnazioni e distribuzioni di terre, particolarmente quando colle nuove conquiste si erano aggiunti nuovi poderi al pubblico demanio, e in queste assegnazioni si era sempre avuto riguardo ai più poveri, fossero essi cittadini o semplici domiciliati nella città. Non s'incorporavano al pascolo comunale che le sole terre le quali non si prestavano all'agricoltura. Dopo la rivoluzione non si ebbe, a dir vero, il coraggio di sopprimere ad un tratto queste assegnazioni, e molto meno di assegnare le terre ai ricchi, ma le distribuzioni si fecero più rare e più limitate, e invece si lasciò prevalere il rovinoso sistema dell'occupazione, vale a dire, si tollerò che i beni del pubblico demanio rimanessero ai primi occupanti e ai loro legittimi successori non già in piena proprietà, e neppure in formale affitto a tempo determinato, ma in usufrutto speciale, in modo che lo stato aveva il diritto di richiamarli a sua voglia, coll'obbligo però al possessore di versare nella cassa pubblica la decima del grano o il quinto del prodotto dell'olio e del vino.
      Questo favore di concessione non era altro che il suaccennato «precarium» applicato al demanio dello stato, ed è probabile che questa combinazione fosse già in pratica ancor prima quale misura transitoria pel tempo intermedio tra l'acquisto dei nuovi fondi comunali e la loro distribuzione e assegnazione ai coltivatori poveri.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376