Ciò che merita la massima attenzione è l'esclusione dell'appello in affari capitali ai comizi tributi, mentre fu mantenuto l'appello alle centurie: fatto che non si saprebbe spiegare altrimenti se non supponendo che si avesse di mira la soppressione del potere tribunizio e quindi anche quella dei processi criminali tribunizi. L'essenziale importanza politica del codice era non tanto nella sostanza delle disposizioni, quanto nell'obbligo che veniva di necessità imposto ai consoli di amministrare la giustizia secondo prestabilite forme di procedura e comuni norme di diritto, e nella pubblica affissione del codice delle leggi, per cui l'amministrazione della giustizia fu assoggettata al controllo del pubblico ed il console fu costretto a rendere a tutti indistintamente eguale giustizia.
16. Caduta dei decemviri. La fine del decemvirato è oscura. Il codice urbano era terminato; non restava ai decemviri che pubblicare le ultime due tavole e lasciare poi il posto alla magistratura ordinaria.
Ma essi indugiavano, e, col pretesto che la legge non era ancora ultimata, continuarono nel loro ufficio anche dopo passato l'anno, ciò che secondo le leggi costituzionali di Roma era possibile, poichè il magistrato, ancorchè eletto temporaneamente, non perdeva la podestà che colla formale rinunzia all'ufficio. Si narra che la parte moderata della aristocrazia, capitanata dai Valeri e dagli Orazii, tentasse di ottenere con la forza, in senato, la dimissione dei decemviri, ma il loro capo Appio Claudio, rigido assertore dei privilegi gentilizi, che ora pareva volgere a demagogo, ottenne presso la maggior parte dei senatori la preponderanza ed anche il popolo vi si rassegnò. Fu eseguita senza contrarietà la leva di un doppio esercito, e si iniziò la guerra contro i Volsci ed i Sabini.
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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 376 |
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Roma Valeri Orazii Appio Claudio Volsci Sabini
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