Se malgrado tutto ciò riusciva un'elezione poco gradita, si consultavano allora i sacerdoti per sapere se in occasione dell'adunanza elettorale non ci fosse stata qualche nullità o negli auspici o nelle altre cerimonie religiose; e i sacerdoti non mancavano di scoprirla. A questo modo, non curando le conseguenze e dimenticando il savio esempio degli avi, si lasciava radicare la massima, che al collegio sacerdotale dei periti competesse il diritto di cassare atti pubblici, fossero leggi ovvero elezioni, in causa di omesse formalità religiose. Così facendo, avvenne che malgrado la massima legalmente stabilita fin dall'anno 333 = 421, malgrado fin da quel tempo fosse stata legalmente riconosciuta l'eleggibilità dei plebei, la prima elezione plebea alla questura non si fece di fatto se non l'anno 345 = 409 e non si riuscì prima del 354 = 400 ad ottenere l'elezione d'un plebeo al tribunato consolare di guerra.
Questa è una prova che la soppressione legale dei privilegi del patriziato non aveva ancora uguagliato effettivamente l'aristocrazia plebea coll'aristocrazia dinastica.
Parecchie cause concorsero a questo risultato. La tenace resistenza della nobiltà poteva essere, in un momento di commozione, più facilmente rovesciata per un principio, che combattuta e contenuta durevolmente colle elezioni annuali; ma la causa principale era l'intestina disunione dei maggiorenti dell'aristocrazia plebea e della classe dei contadini. Il ceto medio, i cui voti erano di grande peso nei comizi, non si sentiva inclinato a portare alle alte cariche preferibilmente i più ragguardevoli neo-nobili fino a tanto che le proprie domande venivano lasciate insoddisfatte dall'aristocrazia plebea e dalla patrizia.
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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 376 |
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