7. Strettezze dei contadini. Durante queste lotte politiche, le questioni sociali avevano sostato o venivano trattate più fiaccamente. Dacchè l'aristocrazia plebea si era impossessata del tribunato per raggiungere il suo scopo, non si era parlato seriamente nè delle terre demaniali, nè della riforma del credito pubblico, benchè non si mancasse nè di nuovi territori conquistati nè di contadini che andavano impoverendo o che erano già ridotti all'indigenza.
Si erano bensì fatte delle distribuzioni di terreni particolarmente nei territorii di confine nuovamente acquistati, come nel territorio ardeatino (312 = 442), in quello labicano (336 = 418), in quello di Veio (361 = 393); ma queste assegnazioni, oltrechè scarse ed insufficienti, furono fatte piuttosto per cause militari che per venire in aiuto dei contadini.
È ben vero che qualcuno dei tribuni fece il tentativo di riproporre la legge di Cassio; Spurio Mecilio e Spurio Metilio riparlarono l'anno 337 = 417 di dividere tutte le terre dello stato, ma la loro proposta andò a vuoto - circostanza che ci dà il carattere proprio della situazione delle cose - per l'opposizione dei loro propri colleghi, cioè dell'aristocrazia plebea.
Vi furono anche alcuni del patriziato che pensarono di venire in soccorso alla crescente miseria delle moltitudini; ma non con miglior successo di quello che aveva fatto Spurio Cassio. Patrizio al pari di questi, e come questi ragguardevole per fama e per valore personale, si fece innanzi Marco Manlio, il salvatore del Campidoglio durante l’assedio dei Galli, come propugnatore del popolo minuto, a cui trovavasi legato e per l'affetto dei suoi commilitoni e per l'acerbo dispetto contro il suo rivale, il festeggiato duce e capo del partito dei magnati, Marco Furio Camillo.
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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 376 |
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