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      Alcuni anni dopo la legge ogulnia (458 = 296) accadde un memorabile caso di questo genere: una dama patrizia maritata ad un illustre plebeo pervenuto alle più alte dignità dello stato, fu, per questo matrimonio, espulsa da tutti i circoli delle dame nobili, anzi esclusa persino dalla festa della Pudicizia, cosicchè ne venne che a Roma, da quel tempo in poi, si venerassero due dee della castità, una patrizia, l'altra plebea.
      È bensì vero che siffatte velleità assai poco importavano e che la miglior parte del patriziato si tenne, anche in seguito, affatto lontana da queste spiacevoli beghe; ma un sentimento d'amarezza deve essere rimasto in ambo le parti, e se la lotta sostenuta dal popolo contro le case patrizie fu per sè stessa una necessità politica, e diremo anche una necessità morale, le alterne vicende di questo conflitto, le inutili scaramucce di retroguardia dopo la battaglia decisiva, quanto le sciocche contese di preminenza e di rango, hanno scossa e scompaginata, senza alcun profitto, la pubblica e la privata vita della repubblica romana.
      Malgrado tutto ciò, in sostanza, si era raggiunto uno degli scopi del compromesso dell'anno 387 = 367: la soppressione del patriziato. Bisogna ora vedere se la stessa cosa si può dire degli altri due evidenti scopi di quel grande atto, e se il nuovo ordine di cose, da esso inaugurato, abbia recato un vero rimedio alla malattia sociale, e ristabilita l'eguaglianza politica.
      Ambedue questi scopi ci si mostrano fra loro connessi; poichè se le pressioni economiche avessero logorato il ceto medio e ridotta la cittadinanza ad un piccolo numero di ricchi e ad un miserabile proletariato, veniva con ciò nello stesso tempo distrutta l'eguaglianza cittadina, e, in quanto alla possibilità e alla realtà, la repubblica.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





Pudicizia Roma