Di molto maggior momento fu l'altra novità che troviamo verso la fine di quest'epoca, quando l'antichissima condizione del diritto di votare, cioè quella del domicilio, fu per la prima volta messa in dubbio.
Appio Claudio, il più audace degli innovatori che si conosca nella storia romana, riformò, durante la sua censura (442 = 312), senza domandarne l'autorizzazione al senato o al popolo, la lista dei cittadini in modo che l'individuo senza domicilio venne compreso in una delle tribù a sua scelta, e poscia assunto, secondo le sue sostanze, nella corrispondente centuria.
Senonchè questa innovazione precorreva troppo lo spirito del tempo per poter essere accettata durevolmente ed interamente. Uno dei successori di Appio, il famoso vincitore dei Sanniti, Quinto Fabio Rulliano, si prese poco dopo, mentre era censore (450 = 304), l'assunto non già di cassare del tutto la riforma d'Appio, ma di restringerla in tali limiti, che nei comizi la prevalenza fosse assicurata di fatto ai domiciliati ed ai ricchi.
A tale scopo egli fece iscrivere i censiti non domiciliati, che non erano d'origine pura (liberti) e che non possedevano più di 30.000 sesterzi, nelle quattro tribù urbane, le quali, in quest'occasione, passarono dal primo all'ultimo rango.
Le tribù rurali per contro, il cui numero nel tempo che corse dall'anno 367 al 513 = 387 al 241 era andato a poco a poco crescendo, cosicchè da diciassette giunsero a trentuna e perciò divennero sempre più preponderanti nei comizi, furono riservate per legge a tutti i liberi cittadini aventi domicilio, le cui sostanze superassero la misura suaccennata.
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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 376 |
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