Il solo ordinamento, a cui si adattano, è il militare, nel quale i legami della disciplina tolgono a ciascun individuo la grave fatica di dirigersi da se stesso. «Le più spiccate qualità della gente celtica - dice il loro storico Thierry - sono il valore personale, in cui si mostrano superiori a tutti i popoli; un carattere fermo, impetuoso, accessibile a qualunque impressione, molta intelligenza, ma nello stesso tempo moltissima volubilità; nessuna perseveranza, renitenza alla disciplina e all'ordine, millanteria e discordia eterna, conseguenza d'una vanità sconfinata».
Catone il vecchio dice, più laconicamente, pressochè lo stesso: «I Celti di due cose fanno gran conto: combattere e far dello spirito»(14).
Queste qualità di buoni soldati e di cattivi cittadini ci spiegano la loro singolarità storica: avere i Celti scosso tutti gli stati e non averne fondato alcuno. Ovunque li troviamo pronti a migrare, cioè a marciare; ai fondi stabili preferiscono i beni mobili, l'oro ad ogni altra cosa; esercitano l'arte della guerra come bande organizzate di predoni o quasi professione mercenaria, e a dir vero con tale successo, che lo stesso storico romano Sallustio lascia ai Celti, nel maneggio dell'armi, il vanto sopra i Romani.
Ed essi sono i veri lanzichenecchi dell'antichità; e, conforme ce li rappresentano le immagini e le descrizioni, erano grandi, ben nerboruti della persona, avevano capelli incolti, baffi lunghi - all'opposto dei Greci e dei Romani, i quali si tagliavano i capelli e si radevano i baffi - erano coperti di mantelli ricamati e screziati, che non di rado gettavano via nel fervore della battaglia.
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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 376 |
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