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      La città fu distrutta, il suolo maledetto a perpetuo deserto. Falera e Capena s'affrettarono a far la pace; la possente Volsinio, che durante l'agonia di Veio si era tenuta nella neutralità statuita dalla lega e che impugnò le armi dopo la presa di questa città, si piegò dopo pochi anni (363 = 391) essa pure alla pace.
      Sarà forse un sincronismo elegiaco la credenza che i due antemurali della nazione etrusca, Melpum e Veio siano caduti nello stesso giorno, l'uno sotto le armi dei Celti, l'altro sotto quelle dei Romani; ma ciò non toglie che vi si debba ad ogni modo riconoscere una profonda verità storica. La doppia aggressione al settentrione e al mezzodì e la espugnazione delle due fortezze furono il principio della fine della grande nazione etrusca.
      7. I Celti contro Roma. Parve però per un momento che i due popoli, dalla cui unione, benchè fortuita, l'Etruria vedeva minacciata la sua esistenza, dovessero invece indebolirsi combattendo tra loro e che la nascente potenza di Roma dovesse essa pure venir schiacciata dai barbari stranieri.
      La soverchia baldanza e il poco accorgimento dei Romani attirarono su di loro questo turbine, contrario all'andamento naturale della politica.
      Le schiere celtiche, che dopo la presa di Melpum avevano passato il Po, inondarono rapidamente l'Italia settentrionale e si spinsero non solo sulla sponda destra del fiume lungo il mare Adriatico, ma anche nella vera Etruria al di quà dell'Appennino. Intorno ai tempi, in cui compivasi l'espugnazione di Veio (363 = 391) i Senoni celtici avevano piantato il campo dinanzi a Clusium (Chiusi sul confine toscano) nel cuore dell'Etruria, e gli Etruschi erano avviliti per modo che l'oppressa città si volse per aiuto ai distruttori di Veio.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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