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      Mentre le masse impoverivano, immense fortune, particolarmente in beni stabili, si concentravano nelle mani di pochi nobili; le rivoluzioni sociali, che ne derivavano, accrescevano la miseria, cui esse avrebbero voluto rimediare, e vedendosi il governo centrale nell'impotenza di provvedere, non rimase agli angustiati aristocratici altro partito da prendere se non quello di domandare l'aiuto dei Romani, come si fece in Arezzo l'anno 453 = 301 e in Volsinii l'anno 488 = 266.
      I Romani accorsero e tolsero via il disordine, ma nel tempo stesso anche l'indipendenza. I nervi del popolo etrusco vennero spezzati fin dai tristi giorni di Veio e di Melpum; da allora in poi fu fatto talvolta qualche vigoroso tentativo per rompere il giogo di Roma, ma gli Etruschi, ogni volta che arrischiarono queste riscosse, vi furono spinti da incitamenti esterni, da un'altra schiatta italica: dai Sanniti.
     
     
      QUINTO CAPITOLO
     
      SOTTOMISSIONE DEI LATINIE DEI CAMPANI ALLA SIGNORIA
      DI ROMA
     
      1. L'egemonia di Roma sul Lazio. La grande opera dell'epoca dei re fu quella di assicurare, sotto forma di primato federale, la signoria di Roma sul Lazio.
      Naturalmente poi il cambiamento degli ordinamenti politici di Roma, non poteva compiersi senza influire notevolmente tanto sull'egemonia romana nel Lazio, quanto sull'ordinamento interno dei comuni latini: il che ci č confermato dalle tradizioni. La leggenda della vittoria, che avrebbe riportato contro i Latini sulle rive del lago Regillo il dittatore o console Aulo Postumio (255?-258? = 499-496) coll'aiuto dei Dioscuri narrato con cosė brillanti colori, e meglio ancora la rinnovazione della lega perpetua tra Roma ed il Lazio per opera di Spurio Cassio nel suo secondo consolato (261 = 493), prova il turbamento che la rivoluzione di Roma produsse nella confederazione romano-latina.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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