Quelli che i Greci chiamavano barbari usarono per altro tanta moderazione che, computate le loro forze e le ingiurie patite, non si può a meno di meravigliarsene.
Si deve però considerare che a Roma tornava opportuno lasciar sussistere quanto più largamente fosse possibile la neutralità di Taranto, e gli uomini, che in senato maneggiavano la politica, non assentirono perciò alle proposte fatte da alcuni senatori, sotto il primo naturale impeto di sdegno, di dichiarare subito la guerra ai Tarentini.
Tutto al contrario da parte dei Romani si misero innanzi domande piene di moderazione, le quali appena bastassero a salvare l'onore di Roma, offrendosi di conservare la pace se si liberassero i prigionieri, si restituisse Turio e si consegnassero i provocatori dell'aggressione della flotta.
Questi patti furono recati a Taranto da un'ambasciata romana (473 = 281) e nel tempo stesso, per commentar coi fatti le parole, entrava nel Sannio un esercito romano sotto il comando del console Lucio Emilio.
I Tarentini potevano accettare le onorate condizioni senza perdere la loro indipendenza, e certo a Roma, dove era noto l'umore bellicoso della ricca città mercantile, doveva credersi possibile un accomodamento. Ma il tentativo per conservare la pace andò a vuoto - sia per l'opposizione di quei Tarentini, che vedevano la necessità di mettere un termine, quanto più presto fosse possibile, colla forza delle armi alla potenza di Roma, sia per l'indisciplina della plebe, che con la solita arroganza greca giunse persino a mettere le mani addosso alle persone degli ambasciatori.
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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 376 |
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