La città dunque preferì l'alleanza di Pirro, che fu gridato supremo capitano delle truppe dei Tarentini e degli altri Italioti in armi contro Roma, a cui fu inoltre accordato il diritto di metter guarnigione in Taranto.
Non è necessario aggiungere come toccasse alla città di far le spese di guerra. Pirro, in cambio, promise di non rimanere in Italia più del tempo necessario per compiere l'impresa, riservandosi, com'è naturale, in cuor suo di giudicare a suo senno quanto e come egli dovesse rimanervi.
Ciò non pertanto poco mancò che non gli sfuggisse dalle mani la preda. Mentre gli ambasciatori tarentini - i quali senza dubbio dovevano essere i caporioni del partito della guerra - si trovavano ancora in Epiro, gli umori nella città, che in quei giorni era messa alle strette dai Romani, mutarono, e già il supremo comando era stato deferito ad Agis, che parteggiava per i Romani, quando il ritorno dell'ambasceria, apportatrice del concluso contratto ed accompagnata da Cinea, fido ministro di Pirro, ricondusse il partito della guerra al governo.
Non passò molto che una mano più ferma afferrò il timone dello stato e mise fine a questo deplorevole tergiversare. Nell'autunno del 473 = 281 sbarcò Milone, generale di Pirro, alla testa di 3000 Epiroti e occupò la cittadella di Taranto, ed al principio del 474 = 280 gli tenne dietro il re stesso dopo una traversata procellosa, che era costata numerose vittime.
Pirro condusse a Taranto un esercito ragguardevole, ma composto di variatissimi elementi, parte truppe indigene, Molossi, Tesproti, Caoni, Ambracesi, parte fanteria macedone e cavalleria tessalica cedutagli per trattato dal re Tolomeo il macedone, parte anche gente raccogliticcia assoldata nell'Etolia, nell'Acarnania e nell'Atamania; in tutto 20.000 falangisti, 20.000 sagittari, 500 frombolieri, 3000 cavalieri e 20 elefanti; esercito che non era inferiore a quello, col quale cinquant'anni prima Alessandro aveva passato l'Ellesponto.
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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 376 |
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