Riuscģ invece egregiamente ai Romani il disegno d'impedire l'unione dei Lucani e dei Sanniti con Pirro gettando un piccolo corpo di truppe sulle frontiere della Lucania e valendosi della guarnigione di Venusia, intanto che il grande esercito, composto come pare di quattro legioni, e ingrossato di un proporzionato numero di truppe federali che lo faceva salire almeno a 50.000 uomini, sotto il console Publio Levino, moveva contro Pirro.
Questi si era accampato con le proprie truppe e con quelle dei Tarentini tra le cittą d'Eraclea e quelle di Pandosia(36) per proteggere la colonia tarentina di Eraclea (474 = 280). I Romani, preceduti dalla loro cavalleria, forzarono il passaggio del Liri e ingaggiarono la battaglia con un'impetuosa e fortunata carica di cavalleria; il re, che era a capo dei suoi cavalieri, cadde; di che scorati i cavalieri greci cedettero il passo agli squadroni nemici.
Pirro s'era frattanto posto alla testa dei suoi fanti e aveva ricominciato una battaglia pił decisiva. Per ben sette volte le legioni rinnovarono con le falangi il feroce combattimento, che durava ancora accanito quando cadde Megacle, uno dei migliori ufficiali del re.
Siccome costui, in questa micidiale giornata, aveva indossata l'armatura del re, l'esercito credette per la seconda volta che Pirro fosse morto, i Greci tentennarono e Levino, credendo di tenere in pugno la vittoria, spinse tutta la cavalleria contro il fianco dei nemici. Ma il re, percorrendo a capo scoperto le file dei suoi e rinfiammandone il coraggio, ordinava che gli elefanti, tenuti in riserva, fossero lanciati contro la cavalleria romana.
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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 376 |
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