La tattica greca, la novità degli arnesi di guerra che i Greci impiegavano, l'impeto delle loro mosse, il genio del grande capitano che li guidava, potevano forse ottenere altre vittorie come quella di Eraclea e di Ascoli, ma ogni nuova vittoria avrebbe logorato l'esercito vittorioso; ed era evidente che i Romani, dopo la giornata d'Ascoli, si sentivano già più forti, e attendevano con coraggiosa pazienza la loro volta di vincere.
Questa guerra non rassomigliava alle guerre di raffinata destrezza che si combattevano dai principi greci: in questa guerra tutte le combinazioni strategiche riuscivano vane di fronte alla piena e poderosa energia della milizia. Pirro s'accorse dello stato delle cose; sazio di vincere senza frutto, disprezzando i suoi alleati, egli non mirava più che a garantire contro i barbari i suoi clienti per abbandonare l'Italia, ove l'onore militare gli impediva di fermarsi ancora. E già poteva prevedersi, che coll'impaziente suo carattere egli avrebbe afferrato il primo pretesto per liberarsi dall'ingrato impegno, quando gli affari di Sicilia gli offrirono il destro di allontanarsi dall'Italia.
11. Condizioni della Sicilia. Dopo la morte d'Agatocle (465 = 289) venne meno ai Greci della Sicilia ogni forza direttiva. Mentre in ciascuna città si avvicendavano al governo inetti demagoghi e più inetti tiranni, i Cartaginesi, che da lungo tempo occupavano la punta occidentale dell'isola, venivano chetamente allargando il loro dominio.
Ma dopo ch'essi ebbero posto piede in Agrigento, credettero venuto il tempo di correre apertamente alla mèta a cui miravano da secoli, e impadronirsi di tutta l'isola; e però si volsero direttamente contro Siracusa.
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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 376 |
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