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      I due consoli dell'anno 476 = 278, Gaio Fabricio Luscino e Quinto Emilio Papo, entrambi capitani sperimentati, avevano cominciata la nuova campagna con energia, e sebbene fino allora i Romani non avessero, in questa guerra, toccato che sconfitte, non erano già essi, ma i vincitori che si sentivano svigoriti e desideravano la pace per ottenere un conveniente accomodamento.
      Di fatti, avendo il console Fabricio fatto consegnare al re un tristo, che gli si era offerto, contro compenso, di avvelenare Pirro, il re in segno di riconoscenza, liberò senza riscatto tutti i prigionieri romani, e a ricambiare la magnanimità dei valorosi suoi avversari, propose loro spontaneamente la pace a patti assai equi e favorevoli.
      Pare che Cinea si recasse a Roma una seconda volta, e pare anche che Cartagine fosse in gran timore di vedersi abbandonata da Roma. Ma il senato non si lasciò rimuovere e ripetè la sua prima risposta. Dopo ciò, per impedire che Siracusa cadesse nelle mani dei Cartaginesi, null'altro poteva fare Pirro che abbandonare i suoi alleati italici e limitarsi, per il momento, al possesso dei più importanti porti di mare e particolarmente di Taranto e di Locri. Invano i Lucani e i Sanniti lo supplicarono di non abbandonarli; invano i Tarentini gli ingiunsero di compiere il suo dovere di generale o di restituire loro la città. Ai lamenti ed ai rimproveri il re rispose con promesse o con aspri rifiuti.
      Lasciato Milone a Taranto, e Alessandro, suo figlio, a Locri, Pirro s'imbarcò nella primavera dell'anno 476 = 278 colla maggior parte delle sue truppe a Taranto e drizzò la prora verso Siracusa.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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