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      La partenza del re e la notizia di questo primo sinistro bastarono per rovesciare il regno siculo. Tutte le città si rifiutarono di somministrare uomini e denaro al re assente e lo splendido stato si sfasciò in un tempo più breve di quello che era bastato alla sua rapida formazione; colpa in parte del re stesso, che aveva messo a troppo dura prova la fedeltà e l'amore dei suoi nuovi sudditi, in parte del popolo, cui mancò l'animo di rinunciare, per breve tempo, alla libertà per salvare la nazionalità.
      Col regno insulare cadde anche l'impresa di Pirro; il gran sogno di tutta la sua vita si era dissipato senza lasciargli un filo di speranza; e d'ora in poi egli non è più che un avventuriero, il quale sente di essere stato grande, e di non essere più nulla, e che va guerreggiando non per giungere ad uno scopo, ma per stordirsi con quel terribile giuoco di dadi, e per incontrare, se gli vien fatto, la morte del soldato nel tumulto d'una battaglia.
      Arrivato alle coste italiche il re fece un tentativo per impossessarsi di Reggio; ma i Campani, aiutati dai Mamertini, respinsero l'attacco e nell'ardore della mischia, sotto le mura della città, fu ferito il re stesso nell'atto che balzava di sella un ufficiale nemico. Gli riuscì invece di sorprendere Locri, e vendicata duramente sugli abitanti la strage della guarnigione epirota, saccheggiò il ricco tesoro del tempio di Proserpina per rifornire il suo erario che trovavasi esausto. Così arrivò Pirro a Taranto, dicesi con 20.000 fanti e 3000 cavalieri.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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