Per questo Roma, fin da principio, rinunciò con una magnanimità, di cui non v'ha esempio nella storia, al più odioso di tutti i diritti politici, quello d'imporre gravezze ai sudditi. Tutt'al più si può supporre che sarà stata posta qualche imposizione sui paesi celtici soggetti a Roma, ma entro la confederazione italica non esisteva alcun comune tributario. Per lo stesso motivo, se fu imposto a tutti i soci e sudditi il dovere di concorrere alla difesa dello stato, non ne furono esentati i cittadini del comune dominante, anzi, in proporzione numerica, essi ne furono gravati assai più degli altri, e i federati del Lazio più che i soci italici e i cittadini romani che non avevano diritto di suffragio; ond'è che poi, nel ripartire le prede belliche, parve giusto che prima venisse Roma, poscia i Latini, ultimi gli altri.
A vigilare quelle moltitudini di comuni soggetti, perchè mantenessero le milizie al completo e le inviassero a tempo, il governo romano provvedeva o col mezzo dei quattro questori della flotta, o estendendo la giurisdizione del censimento romano a tutte le comunità italiane.
Ai questori della flotta oltre gli ordinari uffici, fu dato incarico di riscuotere le rendite dei nuovi dominii pubblici, e di accertarsi se fossero a ruolo tutti i contingenti dei nuovi soci. Furono questi i primi ufficiali romani, che per legge avessero sede e giurisdizione fuori di Roma, e che di necessità si trovassero frapposti tra il senato romano e le comunità italiche.
I supremi magistrati d'ogni comunità italica(49), sotto qualunque nome venissero, erano obbligati, come ce lo provano le costituzioni municipali che poi si vennero consolidando, a fare ogni quattro o cinque anni il censimento, istituzione che certo doveva ricevere l'iniziativa da Roma, e che non poteva aver altro scopo se non quello di fornire al senato un quadro compendioso delle forze militari e delle pubbliche ricchezze di tutta Italia in corrispondenza al censimento romano.
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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 376 |
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