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      Nel processo di proprietà la decisione sullo stato del possesso, abbandonata nei primi tempi all'illimitato arbitrio del magistrato, fu a poco a poco assoggettata a norme legali, e stabilito accanto al diritto di proprietà, il diritto di possesso, per cui la piena facoltà del magistrato fu sottoposta ad un'altra importante restrizione. Nella procedura criminale il tribunale popolare, che fino allora non era stato che una istanza di grazia, venne trasformato, per legge, in istanza di appello.
      Se l'accusato era condannato dal magistrato dopo essere stato interrogato (quaestio) e si appellava al popolo, la questione si dibatteva in tre adunanze comunali; il magistrato giudicante giustificava la sentenza pronunciata, e perciò rispetto a quella causa, si presentava come pubblico accusatore; soltanto nella quarta tornata si raccoglievano i voti (anquisitio) e il popolo confermava o rigettava la sentenza. Non erano concesse le attenuanti.
      Lo stesso spirito repubblicano è rivelato dalle norme giuridiche, che la persona del cittadino debba essere inviolabile in casa sua, e che il suo arresto non può aver luogo se non fuori della medesima; che si eviti l'arresto durante l'inquisizione, e che si debba concedere a qualunque cittadino, accusato e non ancora condannato, dietro rinunzia al suo diritto di cittadino, di sottrarsi alle conseguenze della condanna in quanto esse non riguardino la sua sostanza, ma solo la sua persona - norme che, a dir vero, non furono formulate come leggi e che quindi non legavano necessariamente le mani al magistrato accusatore, ma che colla loro pressione morale, particolarmente rispetto alla limitazione della pena di morte, sono state della massima influenza.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376