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      Opere siffatte eclissavano, anche a giudizio degli uomini di senno, l'infeconda sontuositą dei templi ellenici.
      Gli stessi costumi subirono, in quest'etą, non lievi mutamenti. Ai tempi di Pirro si cominciarono a vedere sulle mense romane i primi vassoi d'argento(58) e gli annalisti, sotto l'anno 470 = 284, notano che si cominciarono a sostituire le tettoie di legno. La nuova capitale d'Italia infine smise a poco a poco il suo aspetto villereccio e si venne abbellendo.
      A dir vero, non era ancora invalso il costume di spogliare i templi delle cittą conquistate dei loro ornamenti per arricchirne Roma. Ma sulla tribuna del foro romano gią facevano mostra di sč i rostri delle galere d'Anzio e nei giorni festivi brillavano sotto i loggiati del foro gli scudi dalle intarsiature dorate raccolti sui campi di battaglia del Sannio.
      I proventi che si ottenevano dalle multe inflitte per delitti e trasgressioni, servivano, prima di tutto, per la lastricatura delle strade nell'interno e fuori della cittą, o per la costruzione e l'ornamento dei pubblici edifizi. Alle baracche di legno dei macellai, che si schieravano da ambo le parti lungo il foro, furono sostituiti i loggiati di pietra dei cambiavalute prima dalla parte palatina, poi anche da quella rivolta alle Carine, onde questa piazza divenne la borsa romana.
      Sulla rocca e sul foro romano furono collocate le statue degli uomini celebri defunti, dei re, dei sacerdoti e degli eroi dei tempi favolosi, dell'ospite greco, che, come si pretende, interpretņ ai decemviri le leggi di Solone, le statue d'onore ed i monumenti dei consoli insigni che avevano vinti i Veienti, i Latini, i Sanniti, quelle degli ambasciatori che perdettero la vita eseguendo la loro missione, quelle delle ricche matrone che avevano lasciato il loro patrimonio alla patria e persino quelle dei filosofi e degli eroi celebri della Grecia come ad esempio Pitagora e Alcibiade.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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