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      Nel modo che la tomba si chiude ugualmente sull'uomo notevole e sull'uomo da nulla, così nella serie dei consoli romani passa senza distinzione il gentiluomo comune a fianco del grande uomo di stato.
      A riunire tutte le scarse memorie, che di quest'epoca giunsero sino a noi, non ve ne è alcuna che ci sembri più degna di rispetto, e nel tempo stesso più caratteristica, dell'epitaffio di Lucio Cornelio Scipione, che fu console l'anno 456 = 298, e che tre anni più tardi combattè nella giornata decisiva presso Sentinum. Sul bel sarcofago, di nobile stile dorico, che ancora ottant'anni fa chiudeva le ceneri del vincitore dei Sanniti, si legge scolpita la seguente leggenda:
     
      Cornéliús Lucíus — Scípió Barbátus,
      Gnaivód patré prognátus, — fórtís vir sapiénsque,
      Quoiús fórma vírtu — teí parísuma fúit,
      Consól censór aidílis — queí fuít apúd vos,
      Taurásiá Císaúna — Sámnió cépit,
      Subigít omné Loucánam — ópsidésque abdoúcit.
     
     
     
      Cornelio LucioScipione Barbato,
      Generato da Gneo — uomo forte e saggio,
      La sua bellezza era simile — alla sua virtù,
      Console, censore, edile, — ei fu presso voi,
      Sottomise Taurasia — Cisauna nel Sannio,
      Soggiogò Lucania tutta — e seco trasse ostaggi.
     
      Quel che qui leggiamo di questo guerriero e uomo di stato ad un tempo si sarà detto o potuto dire di moltissimi altri, che furono alla testa della repubblica romana; uomini nobili e belli, valorosi e prudenti; ma di nessuno si poteva dir di più. Nè si può far colpa al difetto della tradizione se fra tutti questi Corneli, Fabi, Papiri e altri, non ci vien fatto di trovare un uomo con risalto di qualità proprie ed individuali.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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