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      Il senatore non doveva riuscire nè migliore nè peggiore di quello che in generale dovessero essere tutti i senatori; non è affatto necessario nè desiderabile che un cittadino si levi al disopra degli altri e si distingua coll'ostentazione di un sontuoso vasellame d'argento e di una raffinata coltura greca, e che soverchi gli altri nel sapere o nel credito. L'eccesso delle spese e della raffinatezza è punito dai censori, e l'eccellenza delle qualità personali non è in armonia colla costituzione repubblicana.
      La Roma di questi tempi non appartiene ad alcun singolare individuo; i cittadini devono essere tra loro eguali affinchè ciascuno sia uguale ad un re.
      In questi tempi però, mentre durava la rigorosa repubblica, già cominciavano ad intravvedersi le nuove grandezze della vita individuale, e anche tale tendenza, come la tendenza opposta, porta l'impronta di questa forte età. Nella quale non v'ha che un solo uomo, il quale sembri staccarsi dalla folla; ma, anch'egli, non è che l'incarnazione del pensiero del progresso. Appio Claudio (censore del 442 = 312 console del 447 = 307, 458 = 296), figlio del pronipote del decemviro, era il nobile più ambizioso del suo tempo; egli combattè l'ultima battaglia per gli antichi privilegi del patriziato, e siccome gli ultimi sforzi contro l'ammissione dei plebei al consolato erano stati fatti da lui, così aveva combattuto con maggior passione d'ogni altro contro i capi del partito popolare, Manlio Curio e i suoi partigiani. Tuttavia fu Appio Claudio colui che abolì la restrizione del pieno diritto cittadino comunale agli abitanti domiciliati e che fece cessare l'antico sistema finanziario.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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