Da Appio Claudio datano non solo gli acquedotti e le grandi strade, ma anche la giurisprudenza romana, l'arte oratoria, la poesia e la grammatica; al suo impulso č dovuta la compilazione del codice criminale, alle sue cure si attribuiscono i discorsi scritti e le sentenze pitagoriche e persino le innovazioni nell'ortografia. Nč in ciņ v'č ombra di contraddizione.
Appio Claudio non era nč aristocratico, nč democratico; era ispirato dall'istinto degli antichi e dei nuovi re patrizi, dall'istinto dei Tarquini e da quello dei Cesari, fra i quali egli forma l'anello d'unione nell'interregno di cinquecento anni, pieno di fatti straordinari e di uomini ordinari.
Fino a tanto che Appio Claudio prese parte attiva al governo politico egli si mostrņ ardito e petulante come un ateniese, tanto nella pubblica amministrazione come nella vita privata, non badando a combatter di fronte, come gli pareva meglio, leggi e costumanze; e anche molti anni dopo che si era ritirato dalla scena politica, questo vegliardo cieco, come fosse risorto dalla tomba, comparso nel momento decisivo in senato, vinse il re Pirro e proclamņ per primo la egemonia e il predominio di Roma.
Ma quest'uomo di genio nacque troppo presto o troppo tardi; gli dei lo acciecarono appunto per la sua prematura sapienza. Non era il genio individuale che imperava su Roma e da Roma sull'Italia, ma una sola invariabile idea politica propagata da generazione in generazione, nel senato, dove i giovinetti delle famiglie senatorie, condotti dai loro padri alle adunanze, venivano uniformando i loro pensieri a quelli dei loro maggiori e si appropriavano l'esperienza di cui dovevano continuare la grande opera.
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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 376 |
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