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      I danzatori poi, i musicanti e i cantastorie a pagamento, erano colpiti da una doppia riprovazione, e per la natura del mestiere e per il disprezzo che colpiva tutti coloro che non sapessero guadagnarsi da vivere se non mettendosi a servizio d'altri. Perciò, se si tollerava, come bizzarria di giovinezza, il prender parte alle rappresentazioni di carattere burlesco con maschera al viso, come ne correva l'uso, il comparire sulla pubblica scena per mercede o senza maschera si riteneva cosa affatto vituperevole, e tanto il cantante quanto il poeta erano, per questo fatto, messi in un fascio col funambulo e col pagliaccio. Simil gente era d'ordinario dichiarata dai censori inabile a servire nell'esercito e a votare nelle adunanze politiche. La direzione del palcoscenico, inoltre, non solo fu data agli ufficiali incaricati della polizia urbana - ciò che è già abbastanza significativo - ma è verosimile che, sino da quel tempo, questi avessero uno straordinario potere sugli artisti teatrali.
      Dopo la rappresentazione gli ufficiali di polizia, non solo giudicavano della capacità degli artisti, e, all'occorrenza, erano larghi di libazioni con gli abili, e di bastonate con i deficienti - ma tutti gli ufficiali pubblici avevano autorità di decretare in ogni tempo ed in ogni luogo pene corporali e prigionia contro i poeti. Di che ne venne che la danza, la musica e la poesia per le pubbliche scene, furono abbandonate alle infime classi dei cittadini, anzi quasi interamente agli stranieri.
      La poesia, invero, aveva ancora così poca parte in quei giuochi scenici, da sembrare impossibile che gente straniera sia stata allettata ad introdurvi qualche novità.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376