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      Il contrario accadde nella musica, giacchè, tanto per il genere sacro come per il profano, prevalse in Roma la musica etrusca; e perfino l'arte del flauto, tutta latina e già tenuta in gran pregio dai Romani, fu soverchiata dalla musica straniera.
      Non è il caso di parlare di letteratura poetica. Nè le commedie con le maschere, nè le recitazioni sceniche possono avere avuto propriamente dei testi appositi, ma d'ordinario venivano improvvisate dall'attore stesso secondo il bisogno.
      In quanto ai lavori letterari di quel tempo non si è trovata che una specie di «Opere e giorni» romani, un insegnamento che dà il contadino a suo figlio(60) e le già accennate poesie pitagoriche di Appio Claudio, primi indizi di imitazione ellenica.
      Delle poesie di quest'epoca non ci rimase altro che qualche epitaffio in metro saturnio.
      3. Storiografia. Come i primordi della scena romana, così appartengono a quest'epoca anche i primordi della romana storiografia, tanto della contemporanea registrazione degli avvenimenti più notevoli, quanto dei racconti convenzionali che si riferiscono alla storia anteriore di Roma.
      La storiografia di quest'epoca si fonda sulla lista dei consoli. La lista che riguarda i tempi più antichi, che era nota agli ultimi storici romani, e che noi pure abbiamo sott'occhio, sembra derivata dall'archivio del tempio dedicato a Giove in Campidoglio, giacchè esso ricorda i nomi dei consoli annuali cominciando da Marco Orazio, il quale consacrò quel tempio il 13 settembre dell'anno del suo consolato e serba memoria anche del voto fatto sotto i consoli Publio Servilio e Lucio Ebuzio (secondo la cronologia ora in corso, l'anno 211 = 463 di Roma) in occasione d'una micidiale pestilenza, di conficcare, al compiersi d'ogni centesimo anno, un chiodo nel muro del tempio capitolino.


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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 376

   





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