Queste supposizioni storiche furono ispirate non solo dagli avvenimenti che si andavano predisponendo appunto nel tempo e nel luogo ove Timeo stava scrivendo, ma senza dubbio anche da relazioni pervenute in Sicilia sui costumi e sugli usi dei Latini; le quali, però, non possono credersi derivate dal Lazio, ma saranno state probabilmente il frutto delle sciocche invenzioni dei vecchi raccoglitori di rapsodie.
Timeo aveva forse udito raccontare dell'antichissimo tempio degli dei domestici in Lavinio; ma che queste divinità fossero considerate dai Laviniesi come i penati che gli Eneidi vi avessero recato da Ilio, non può essere che una aggiunta di Timeo, come certo è di sua creazione l'arguto riscontro del cavallo ottobrino dei Romani e del cavallo troiano, non meno che l'esatto inventario delle reliquie di Lavinio; le quali, secondo un così debole testimonio erano mazze di ferro e di rame da araldo ed un vaso di terra, proprio di fabbrica troiana.
È ben vero che nessuno mai riuscì a vedere queste reliquie, ma Timeo era uno di quegli storici che di nulla sanno dare così precisa ragione quanto di ciò che non si conosce. E non a torto ci ammonì Polibio, il quale conosceva l'uomo, di non prestargli fede in nulla, e meno ancora quando mostra di appoggiare le proprie asserzioni, come in questo caso, su documenti autentici.
Questo retore siciliano, che seppe indicare la tomba di Tucidide in Italia e non seppe trovare per Alessandro nessuna più alta lode di quella che egli fosse venuto a capo delle sue imprese nell'Asia più presto che Isocrate del suo «panegirico», fu precisamente l'uomo fatto apposta per impastare, all'ombra dell'ingenua poesia primitiva, questa miscela; a cui il caso dette poi una così strana celebrità.
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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 376 |
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