Là dove il maestro greco non fa che un leggero abbozzo, l'imitatore etrusco sciupa scolarescamente la propria diligenza; invece d'un materiale leggero e delle modeste proporzioni delle opere greche, si scorge nelle etrusche una sfoggiata mostra della grandezza e della sontuosità del lavoro, o anche solo della peregrinità della materia.
L'arte etrusca non sa copiare senza cadere nell'esagerazione; essa scambia la severità con la durezza, la grazia colla mollezza, il terrore coll'orrore, la voluttuosità in laidezza, e questa tendenza alla degenerazione si fa sempre maggiore a misura che la copia più si allontana dall'originale e che l'arte etrusca si trova abbandonata a sè stessa.
Ancora più rilevante è poi la tenacia con cui gli Etruschi insistettero riproducendo le forme, una volta introdotte, e operando sempre con lo stesso stile. Sia che in principio gli Elleni, entrati in libere ed amichevoli relazioni cogli Etruschi, potessero spargere fra di essi, a tutt'agio, i semi delle belle arti e che in seguito i commerci fra i due popoli fossero divenuti malagevoli e rari per le insorte inimicizie, sia che come pare più verosimile, se ne debba attribuire la causa principalmente al rapido decadimento, o meglio intorpidimento intellettuale degli Etruschi, il fatto è, che l'arte si fermò nell'Etruria a quello stadio iniziale che aveva raggiunto quando vi penetrò per la prima volta - e fu questa la causa riconosciuta ormai da tutti, per cui l'arte etrusca, figlia non dirozzata della primitiva arte ellenica, passò per tanti anni come originale, anzi madre dell'arte greca.
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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 376 |
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