(52) A questi si riferisce quanto narra LIVIO 9, 20, sul riordinamento della colonia d'Anzio vent'anni dopo la sua fondazione e si presenta facile alla mente, che, se si poteva benissimo imporre all'Ostiense di concludere tutte le sue liti in Roma, non si poteva assolutamente pretendere lo stesso da quel di Anzio e di Sena.
(53) V'è l'abitudine di lodare senza riserva il popolo romano come privilegiato nella giurisprudenza e di considerare il suo eccellente sistema giuridico come un mistico dono del cielo, che è un artificio per giustificarci dinanzi a noi stessi del nessun conto che merita il nostro diritto. Uno sguardo sull'instabile e non sviluppato diritto criminale romano basterà a persuadere dell'insussistenza di queste nebbiose idee anche coloro, cui sembrasse troppo ovvia la sentenza che un popolo sano ha un diritto sano, un popolo ammalato ne ha uno ammalato. Astrazione fatta dalle condizioni politiche e più generali, da cui dipende appunto la giurisprudenza più d'ogni altro fatto sociale, si vuol cercare l'eccellenza del diritto civile romano particolarmente in due cose: primo nella circostanza che il querelante e l'accusato furono obbligati a motivare e a formulare in modo chiaro la citazione a comparire in giudizio e la replica; secondo, che per il legale svolgimento del diritto si creò un ufficio permanente e lo si pose in continuo contatto colle necessità pratiche. Colla prima misura i Romani tolsero di mezzo le cavillazioni dei giureconsulti; colla seconda, per quanto fu possibile, impedirono l'intervento degli inetti fabbricatori di leggi, e coll'una e coll'altra soddisfecero, per quanto soddisfare si può, ai due supremi e contraddittori postulati della giurisprudenza, che cioè il diritto rimanga sempre fermo, e che sia sempre adeguato alla necessità del tempo.
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Storia di Roma
2. Dall'abolizione dei re di Roma sino all'unione dell'Italia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 376 |
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