Essi non si curavano del paese interno, occupato dalle bellicose genti indigene; bastava loro il possesso delle miniere e delle stazioni per il loro commercio, per la pesca, e la raccolta delle conchiglie, ma anche qui i loro contatti con le tribù confinanti non erano privi di gravi difficoltà.
È probabile che questi possedimenti non fossero propriamente cartaginesi, ma tirii, e che Gades (Cadice) non fosse tra le città tributarie di Cartagine; ma è certo che questa città subiva l'egemonia cartaginese come tutti gli altri Fenici occidentali e lo provano gli aiuti mandati da Cartagine a Gades per difendersi contro gli indigeni, e la fondazione di colonie commerciali cartaginesi sulle coste che stendevansi all'occidente di Gades. Ebusus e le Baleari, invece, furono occupate assai presto dai Cartaginesi sia per l'importanza della pesca, sia quali avamposti contro i Massalioti, con i quali, da quelle stazioni, si veniva ai più furibondi conflitti.
Per gli stessi motivi i Cartaginesi si stabilirono in Sardegna già dalla fine del secondo secolo di Roma, e la sfruttarono come avevano fatto della Libia.
Mentre gli indigeni si ritraevano verso le montagne nell'interno dell'isola per sottrarsi al giogo della schiavitù rustica come i Numidi riparavano nei deserti, in Karalis (Cagliari) e in altri luoghi importanti vennero fondate colonie fenicie, e colle braccia di contadini libici vi furono rese produttive le fertili terre litoranee.
In Sicilia lo stretto di Messana e più della metà dell'isola erano veramente, fino dai primi tempi, venuti in mano dei Greci; ma coll'aiuto dei Cartaginesi i Fenici si sostennero nelle piccole isole adiacenti, nelle Egadi, in Melita, in Gaulos, in Cossyra, fra le quali primeggiava per ricchezza la colonia di Melita; e parimenti durarono sulle coste a ovest e a nord-ovest della Sicilia, d'onde essi da Motya prima, poscia da Lilibeo si mantenevano in relazione coll'Africa, e da Panormos e da Soloeis colla Sardegna.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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