I Mamertini, posti ormai sotto l'influenza cartaginese, fecero dire ai generali romani, non senza rendere loro grazie per il sollecito aiuto federale inviato, che fortunatamente non ne avevano più bisogno.
Il destro e temerario duce, che comandava l'avanguardia dei Romani, si mise ciò non pertanto alla vela colle sue truppe; ma i Cartaginesi respinsero le navi romane e ne presero parecchie, che il loro ammiraglio, memore degli ordini severi di non dare alcun motivo di dichiarar guerra, rimandò ai buoni amici al di là dello stretto. Parve quindi che i Romani dinanzi a Messana si fossero tolta la maschera tanto inutilmente come i Cartaginesi dinanzi a Taranto.
Ma Claudio non si lasciò spaventare ed in un secondo tentativo gli riuscì di traghettare l'esercito oltre il Faro. Appena approdato convocò i cittadini e per suo invito vi intervenne anche l'ammiraglio cartaginese, sempre desideroso di evitare un'aperta rottura.
Ma in quell'adunanza stessa i Romani si impadronirono di Annone, che fu tanto codardo da lasciarsi dettar l'ordine al presidio di cedere il castello ai Romani; e con pari codardia il presidio cartaginese, debole e abbandonato a se stesso, ubbidì all'ordine del generale prigioniero, e sgombrò la città. Così questa testa di ponte dell'isola cadde nelle mani dei Romani.
Indignato, e a ragione, della imprevidenza e della fiacchezza del suo generale, il governo cartaginese lo fece morire e dichiarò guerra ai Romani. Anzitutto era necessario riprendere la fortezza perduta.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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