Presso la punta di Milazzo, al nord-ovest di Messana, la flotta cartaginese, comandata da Annibale, e proveniente da Palermo, s'incontrò colla romana, la quale fece in quelle acque le sue prime prove.
I Cartaginesi, veduta l'incerta e cattiva manovra delle navi romane, e riguardandole già come preda sicura, si gettarono loro addosso alla rinfusa e provarono così l'efficacia dell'innovazione romana dei ponti d'abbordaggio.
Le navi romane uncinavano ed assaltavano le navi nemiche a mano a mano che queste, isolate, si approssimavano; e le navi cartaginesi non potevano avvicinarsi nè di fronte nè di fianco alle romane senza che il fatale ponte non calasse sulla loro tolda. Terminata la battaglia si rilevò come ben cinquanta navi cartaginesi, quasi la metà della loro flotta, erano state mandate a picco o catturate dai Romani, e fu presa fra le altre la nave ammiraglia d'Annibale, che già era stata di re Pirro.
Grande fu il vantaggio; più grande la fama che ne corse. Roma era d'un tratto divenuta potenza marittima e possedeva i mezzi di condurre validamente a fine una guerra, che sembrava doversi prolungare all'infinito e minacciare rovina al commercio italico.
Due vie erano aperte ai Romani per condurre a vittorioso fine la guerra: essi potevano attaccare i Cartaginesi nelle isole italiche ed espugnare l'una dopo l'altra le fortezze litoranee della Sicilia e della Sardegna, cosa non difficile forse a conseguirsi con azioni ben combinate col concorso della flotta e dell'esercito, e quando la cosa fosse loro riuscita felicemente avrebbero potuto o conchiudere la pace mediante la cessione delle isole, o, se l'accordo non fosse riuscito, portare poi la guerra in Africa.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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