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      La guerra siciliana sembrava prendere un aspetto sempre più sfavorevole per i Romani; Roma vi sciupava il suo denaro e vi sacrificava i suoi soldati, ed i generali vi perdevano il loro onore.
      Si vedeva chiaro che nessuno di essi poteva stare a fronte d'Amilcare, e già si prevedeva non lontano il momento in cui il mercenario cartaginese avrebbe potuto arditamente misurarsi col legionario. I corsari d'Amilcare si mostravano sempre più temerari sul litorale italico; i Romani già erano stati costretti ad inviare un pretore contro una banda di scorridori cartaginesi che aveva fatto uno sbarco.
      Alcuni anni ancora e Amilcare avrebbe fatto colla sua flotta, partendo dalla Sicilia, quello che poi fece per via di terra suo figlio partendo dalla Spagna.
      14. Una nuova flotta romana. Il senato romano perseverava frattanto nella sua inazione; il partito dei pusillanimi vi aveva la maggioranza. Stando così le cose, alcuni uomini avveduti e generosi deliberarono di salvare la patria e di porre fine alla malaugurata guerra siciliana senza aspettare che il governo vi si risolvesse.
      Le avventurose spedizioni dei corsari avevano, se non ridestato il coraggio della nazione, almeno risollevata la energia e la speranza nei più valorosi e nei più sperimentati; già si erano formate compagnie che avevano arsa Ippona, sulla costa dell'Africa, e data felicemente una battaglia navale ai Cartaginesi nelle acque di Palermo.
      Per sottoscrizione privata - come già s'era fatto in Atene, ma in proporzioni assai maggiori - i Romani doviziosi e generosi, allestirono una flotta.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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