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      L'esito non ne fu dubbio un momento. La flotta romana, ben costruita, ben equipaggiata ed egregiamente diretta dal valente pretore Publio Valerio Falto in luogo del console Catulo, obbligato ancora a letto da una ferita riportata presso Trapani, mise col primo urto lo scompiglio nelle navi nemiche stracariche e scarsamente e male equipaggiate; cinquanta ne furono mandate a picco e, colle settanta catturate, i vincitori entrarono nel porto di Lilibeo. L'ultimo sforzo fatto dai patriotti romani aveva portato il suo frutto: la vittoria e la pace.
      15. Trattato di pace. I Cartaginesi, dopo aver crocifisso il loro sventurato comandante - il che non cambiò per nulla le cose - mandarono al duce siciliano i pieni poteri per far la pace.
      Amilcare, vedendo frustrate dagli ultimi errori le sue fatiche di sette anni, fu d'animo abbastanza grande per non sacrificare il suo onore militare, e per non abbandonare il suo popolo ed i suoi disegni.
      La Sicilia non poteva più tenersi perchè i Romani erano padroni del mare; nè Amilcare poteva sperare che il governo cartaginese, il quale aveva tentato invano di raccogliere denaro in Egitto per ricostituire l'erario, volesse tentare un'altra volta la fortuna per vincere la flotta dei Romani.
      Egli cedette quindi la Sicilia ai Romani. Fu però riconosciuta esplicitamente, nella consueta forma, l'indipendenza e l'integrità del territorio cartaginese, giacchè Roma si obbligò di non fare trattati separati coi federati di Cartagine, come Cartagine si era obbligata di non farli coi federati di Roma, cioè con i rispettivi comuni soggetti e dipendenti, e nel tempo stesso di non guerreggiare nè esercitare in questo territorio diritti di sovranità, o di levar soldati nei territori federali della città rivale(9).


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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