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      Ora chi può meravigliarsi se a regger tanta e sì ponderosa novità di cose non si mostrassero atti nè il senato nè i capi annuali della città?
      Quando la guerra si iniziava non si sapeva mai quali sorprese riservasse; solo nel corso della lotta si rivelavano l'una dopo l'altra tutte le deficienze degli ordinamenti con i quali fino allora Roma si era retta: mancanza di una adeguata forza marittima, difetto d'un fermo indirizzo militare, incapacità dei generali, assoluta nullità dei comandanti marittimi.
      A queste deficenze in parte si supplì coll'energia, in parte vi rimediò la sorte; ed è così che fu possibile ai Romani di vincere la principale difficoltà: la mancanza di una flotta.
      Ma anche questa mirabile creazione altro non fu che un grandioso ripiego, e tale rimase in tutti i tempi. Si formò un naviglio a servizio di Roma, ma non si riuscì mai a farne una vera forza nazionale ed esso non ebbe mai di romano che il nome; e Roma trattò sempre la sua flotta da matrigna.
      Il servizio navale fu sempre tenuto in poco conto nei confronti dell'onorata milizia legionaria; gli ufficiali di marina erano in gran parte Greco-italici, gli equipaggi si componevano di sudditi o anche di schiavi e di ciurmaglia.
      Il contadino italico fu e rimase nemico dell'acqua; tra le tre cose, che Catone si pentiva di aver fatto nella sua vita, una fu quella di essere andato in barca quando avrebbe potuto andare a piedi. Ma ciò era in parte da attribuirsi alla circostanza che le navi erano galere a remi e che il servizio del remo non è possibile nobilitarlo; si sarebbero però potute istituire speciali legioni di marineria, e promuovere così l'istituzione d'una classe d'ufficiali per la flotta.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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