In Africa, appena cessata la guerra, i soldati mercenari e i sudditi si erano ribellati contro i Fenici.
Di questa pericolosa insurrezione la colpa principale era del governo cartaginese.
Amilcare non aveva potuto pagare, negli ultimi anni di guerra, come aveva fatto per molti anni, col patrimonio personale il soldo ai militi dell'esercito di Sicilia e invano aveva pregato il governo che gli mandasse denaro. Alle sue insistenze finalmente fu risposto che inviasse i soldati in Africa, ove avrebbero avuto le paghe.
Egli ubbidì; senonchè, conoscendo la sua gente, ebbe la previdenza di farli imbarcare a piccoli scaglioni per facilitarne il pagamento, o, se altro non accadeva, per licenziarli; dopo di che egli stesso depose il supremo comando.
Ma ogni previdenza fu vana, non tanto per la mancanza di denaro quanto per la lentezza e l'inettitudine burocratica. Si condussero le cose tanto in lungo, finchè tutto l'esercito si trovò di nuovo raccolto nella Libia, e allora si tentò di ridurre il soldo promesso; ciò che produsse, come era facile prevedere, un ammutinamento, e l'incerto e vile contegno delle autorità rese maggiormente arditi i rivoltosi.
Quasi tutti costoro erano nativi dei distretti dominati o dipendenti da Cartagine; essi conoscevano quali fossero gli umori delle popolazioni dopo la vendette che i Cartaginesi avevano presa di quelle tribù che s'erano mostrate favorevoli a Regolo e per l'insopportabile pressione fiscale cui erano sottoposti, e sapevano altresì che il governo cartaginese nè perdonava mai, nè manteneva mai le sue promesse; per cui era ad essi facile indovinare qual sorte li attendesse quando acconsentissero a sciogliersi e a tornare alle loro case con la paga strappata a viva forza.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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