Ma i Romani, che non erano disposti a restituire il mal tolto, risposero contrapponendo a quella domanda vaghe doglianze per ingiustizie sofferte nei dominii di Cartagine da commercianti romani, o per altre questioni di minor conto, e s'affrettarono a dichiarare la guerra(10); e la massima che in politica, ad ognuno, è permesso di fare ciò che può, si manifestò nella sua sfacciata impudenza.
Una giusta indignazione avrebbe spinto i Cartaginesi ad accettare la sfida. Se Catulo, cinque anni prima, avesse insistito sulla cessione della Sardegna, v'è da credere che i Cartaginesi avrebbero preferito di continuar la guerra ad oltranza. Ma ora che le due isole erano per essi perdute, che la Libia si trovava ancora in subbuglio, e lo stato, dopo una lotta di ventiquattro anni con Roma e la tremenda guerra intestina dei mercenari durata quasi cinque anni si trovava allo stremo delle forze, era giocoforza piegare il capo.
I Romani si fecero pregare assai per non iniziare le ostilità, e desistettero dalle minacce solo quando i Fenici si obbligarono di pagare ad essi 1200 talenti (circa lire 7.400.000) per indennizzarli delle spese sostenute per i preparativi di guerra.
Così, senza quasi colpo ferire, Roma acquistò la Sardegna, cui si aggiunse la Corsica, antico possedimento etrusco, ove forse fin dall'ultima guerra si trovavano stabiliti alcuni presidii romani.
Intanto sull'esempio dei Fenici, in Sardegna, e più ancora nell'aspra Corsica, i Romani si limitarono ad occupare il litorale, rimanendo sempre in guerra cogli abitanti dell'interno delle isole, o meglio dando la caccia agli uomini, lanciando contro di essi cani da presa, e, fatta buona preda, la conducevano al mercato degli schiavi; ma non pensarono mai a sottomettere e governare quelle popolazioni.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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