Del resto le massime fondamentali, in base alle quali Roma aveva organizzato le province italiane a lei soggette, vennero applicate anche ai possedimenti fuori d'Italia.
È inutile dire che tutti i comuni, senza eccezione, perdettero la loro indipendenza di fronte all'estero.
Quanto al traffico interno, nessun abitante delle province poteva acquistare legittimamente una proprietà fuori del suo comune nella provincia, e forse nemmeno contrarre un valido matrimonio. Il governo romano tollerava invece, per lo meno in Sicilia, come poco pericolosa, l'organizzazione federale di quelle città, e persino le diete generali sicule coll'innocuo loro diritto di petizione e di rimostranza(11).
Quanto al sistema monetario non fu veramente possibile imporre subito nelle isole la valuta romana come l'unica legale; pare però che ottenesse sino dal principio corso legale, e che almeno in generale sia stato tolto alle città della Sicilia romana il diritto di coniare monete di metalli nobili(12).
La proprietà fondiaria per contro rimase rispettata in tutta la Sicilia. La massima che il territorio fuori d'Italia dovesse essere, per diritto di guerra, proprietà privata dei Romani, era ancora sconosciuta in questo secolo; ed anzi tutti i comuni siciliani e sardi conservarono anche un'amministrazione indipendente ed una certa autonomia.
Se le costituzioni democratiche erano state soppresse in tutti i comuni, e in ogni città il potere era dato nelle mani del consiglio comunale rappresentante l'aristocrazia urbana; se era stato inoltre imposto, per lo meno ai comuni siciliani, di procedere ogni cinque anni ad un estimo comunale corrispondente al censo romano, queste misure non erano che una necessaria conseguenza della sottomissione al senato romano, il quale, non poteva governare colle assemblee greche, e senza avere sott'occhio uno specchio dei mezzi finanziari e militari di ciascun comune da esso dipendente; lo stesso sistema aveva avuto luogo, tanto nell'uno che nell'altro rapporto, anche nei paesi italici.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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