Pagina (106/371)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      I passi delle Alpi, il gran fiume navigabile per una lunghezza di cinquanta leghe e la maggiore e più fertile vallata dell'Europa civile di quei tempi, si trovavano allora, come poi, nelle mani del nemico ereditario del nome italico, il quale, sebbene umiliato e fiaccato, non era mai stato assoggettato se non di nome e continuava ad essere un molesto vicino, che perseverava nella sua barbarie e, scarsamente disseminato nelle vaste pianure, continuava la sua vita pastorale e predatrice.
      Era da aspettarsi che i Romani si sarebbero affrettati ad occupare quei paesi, tanto più che i Celti cominciavano a poco a poco a dimenticare le loro sconfitte nelle campagne del 471-472=283-282 e ad agitarsi nuovamente, e quelli d'oltre alpe, ciò che era più grave, ricominciavano ad affacciarsi al di qua delle Alpi.
      Infatti i Boi avevano sino dal 516=238 ricominciata la guerra, e i loro capi Ati e Galata, sebbene senza ordine dell'autorità del cantone, avevano invitato i transalpini a fare causa comune; questi vennero in grandi frotte, e nel 518=236 un esercito di Celti, quale l'Italia da lungo tempo non aveva veduto, pose il campo sotto Rimini.
      9. Guerre dei Celti. I Romani, sentendosi in quel momento troppo deboli per tentare le sorti d'una battaglia, conclusero un armistizio e per guadagnare tempo lasciarono che i Celti mandassero a Roma ambasciatori, i quali osarono chiedere in senato la cessione di Rimini.
      Sembravano ritornati i tempi del primo Brenno. Ma un avvenimento inaspettato mise fine alla guerra prima ancora che fosse seriamente incominciata.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





Alpi Europa Romani Celti Alpi Boi Ati Galata Celti Italia Rimini Guerre Celti Romani Celti Roma Rimini Brenno