La vittoria era dovuta ai soldati ed agli ufficiali, non ai generali, i quali ebbero gli onori del trionfo soltanto pel favore del popolo in opposizione del giusto decreto del senato.
Gli Insubri avrebbero volentieri fatta la pace, ma Roma voleva una sottomissione assoluta, ed essi non si sentivano caduti così in basso da adattarvisi. Tentarono quindi di opporre resistenza coll'aiuto dei loro compatrioti settentrionali. Con 30.000 mercenari raccolti e colla propria milizia essi fecero fronte ai due eserciti romani, i quali nel seguente anno (532=222) invasero il loro territorio attraversando anche questa volta quello dei Cenomani.
Accaddero ancora parecchi sanguinosi combattimenti; in una diversione tentata dagli Insubri contro la fortezza romana di Clastidium (la presente Casteggio non lungi da Pavia), sulla diritta del Po, il re dei Galli Vidomaro cadde trafitto dalla spada del console Marco Marcello. Se non che, dopo una battaglia già quasi vinta dai Celti, ma infine guadagnata pur dai Romani, il console Gneo Scipione diede l'assalto a Milano, capitale degli Insubri, e l'espugnazione di essa e di Como mise fine alla loro opposizione.
11. Il paese dei Celti diventa romano. I Celti italici erano dunque vinti completamente, e come poco tempo prima i Romani, nella guerra contro i pirati dell'Illiria, avevano mostrato ai Greci la differenza che passava tra il dominio marittimo romano e il greco, così ora avevano splendidamente provato che Roma sapeva guardare le porte dell'Italia contro le incursioni dei barbari molto diversamente da quello che la Macedonia aveva fatto rispetto alla Grecia; e che, malgrado i dissensi interni, l'Italia di fronte al comune nemico, si trovava altrettanto unita quanto la Grecia era discorde.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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