Il modo più naturale ed adatto d'impiegare queste forze risultava da sè. Era deciso da lungo tempo che la guerra dovesse incominciare con uno sbarco in Africa; gli avvenimenti posteriori costrinsero i Romani ad introdurre nei loro piani di guerra anche uno sbarco contemporaneo nella penisola iberica, specialmente per non incontrare l'esercito di Spagna sotto le mura di Cartagine.
I Romani, seguendo questo piano (allorchè al principio del 535=219 fu iniziata la guerra da Annibale) coll'attacco di Sagunto, prima che la città cadesse in potere dei Cartaginesi, dovevano prima di tutto inviare un esercito in Spagna; ma essi, come avevano obliato le leggi dell'onore, così trascuravano quelle dell'interesse. Indarno Sagunto resistette otto mesi; quando si arrese, Roma non era nemmeno apparecchiata per fare uno sbarco in Spagna.
Il paese tra i Pirenei e l'Ebro era però ancora libero, e quei popoli non erano soltanto i naturali alleati dei Romani, ma anch'essi, come i Saguntini, erano stati assicurati da emissari romani che sarebbero stati prontamente soccorsi.
Dall'Italia si arriva alla Catalogna, per mare, in minor tempo che da Cartagena per terra. Se dopo la dichiarazione di guerra, seguìta in questo frattempo, i Romani si fossero messi in marcia nel mese di aprile come i Cartaginesi, Annibale avrebbe potuto scontrarsi colle legioni romane sulla linea dell'Ebro.
È vero che la maggior parte dell'esercito e della flotta furono preparati per passare in Africa, e che fu ordinato al secondo console Publio Cornelio Scipione di portarsi sulla linea dell'Ebro; ma questi non si dette premura, ed essendo scoppiata una sollevazione sulle rive del Po, egli si servì dell'esercito pronto all'imbarco per reprimerla.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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