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      Arrivato ai Pirenei, Annibale accordò ad una parte delle sue truppe il congedo per ritornare nell'interno del proprio paese; misura questa che doveva provare ai soldati la fiducia che in essi riponeva il loro capitano.
      Con un esercito di 50.000 fanti e 9000 cavalieri, tutti veterani, Annibale valicò senza difficoltà i Pirenei, e prese poscia la via lungo il litorale, passando per Narbona e Nimes, attraverso il paese dei Celti che gli fu schiuso in grazia degli accordi precedentemente conchiusi, sia col mezzo dell'oro cartaginese, sia colla forza delle armi.
      Giunto (sul finire del luglio) alle sponde del Rodano, di fronte ad Avignone, sembrò che dovesse incontrare per la prima volta una seria resistenza.
      Il console Scipione, che nel recarsi in Spagna s'era fermato a Marsiglia (verso la fine del giugno), s'accorse qui di essere arrivato troppo tardi e che Annibale non solo aveva già passato l'Ebro, ma anche i Pirenei.
      10. Passaggio del Rodano. A tali notizie, che pare siano state le prime ad illuminare i Romani intorno alla direzione ed alle mire di Annibale, il console rinunciò per il momento alla spedizione in Spagna per unirsi alle popolazioni celtiche di quel paese posto sotto il protettorato dei Massalioti e quindi dei Romani, ed attendere i Cartaginesi sulle sponde del Rodano per impedire loro il passo del fiume e sbarrare la via d'Italia.
      La buona stella d'Annibale volle che di fronte alla sponda da esso prescelta per effettuare il passaggio si trovasse allora soltanto la milizia celtica, mentre il console col suo esercito, forte di 22.000 fanti e 2000 cavalli, si trovava ancora a Marsiglia, distante quattro giorni di marcia.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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