Durante il passaggio della prima catena delle Alpi, che s'innalza scoscesa e attraverso la quale non v'è che un solo sentiero praticabile (pel monte di Chat presso il villaggio Chevelu), poco mancò che la spedizione non andasse a male.
La popolazione allobroga aveva occupato con molta forza il passo. Annibale ne fu informato in tempo per evitare una sorpresa, e si accampò ai piedi del monte, ove si fermò fino a che i Celti, dopo il tramonto del sole, si dispersero nelle case della città vicina. Nella notte egli s'impadronì del passo, ed il culmine fu superato; ma sulla strada oltremodo scoscesa, che dalla sommità conduce al lago del Bourget, i muli e i cavalli sdrucciolavano con grande facilità e cadevano; a questo si aggiungevano gli attacchi che i Celti facevano da posizioni favorevoli contro l'esercito in marcia, che nuocevano non tanto per se stessi quanto per la confusione che cagionavano all'armata; così che quando Annibale, discendendo colle sue truppe leggere dalla vetta, si gettò sugli Allobrogi, questi furono scacciati dal monte senza difficoltà e con gravi perdite, ma la confusione, specialmente nelle salmerie, si fece anche maggiore per le vicende del combattimento.
Giunto nella valle, dopo aver subìto a sua volta non lievi perdite, Annibale assalì subito la più vicina città, al fine di punire e intimorire i barbari e in pari tempo rifarsi, possibilmente, delle perdite delle bestie da soma e dei cavalli.
Dopo un giorno di sosta nell'amena valle di Chambery l'esercito continuò la sua marcia risalendo l'Isère senza essere trattenuto nè da mancanza di viveri, nè da attacchi nemici.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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