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      I coloni, che si trovavano già accasati sul territorio modenese, assaliti improvvisamente, si ricoverarono nella città. Il pretore Lucio Manlio, che comandava a Rimini, accorse in gran fretta con l'unica sua legione per liberare gli assediati, ma, sorpreso nei boschi, dopo gravi perdite non gli rimase altro partito se non quello di trincerarsi su d'una collina e di rimanervi assediato fintanto che una seconda legione, partita da Roma sotto gli ordini del pretore Lucio Attilio, venne felicemente a liberare la città e la legione, soffocando pel momento la sollevazione gallica.
      Questa intempestiva sollevazione dei Boi, se da un lato aveva essenzialmente favorito l'impresa di Annibale ritardando la partenza di Scipione per la Spagna, fu dall'altro cagione che Annibale, oltre le fortezze, non trovasse la valle del Po interamente sguarnita. Ma il corpo d'armata dei Romani, che si componeva di due legioni molto assottigliate (non contavano 20.000 uomini), bastava appena per tenere i Celti, e non poteva quindi occupare i passi delle Alpi; perciò la notizia che essi erano minacciati fu conosciuta in Roma soltanto nel mese d'agosto, allorchè il console Scipione ritornò da Marsiglia senza l'esercito; ed anche allora i Romani non se ne davano forse gran pensiero, ritenendo che la sola difficoltà del passaggio delle Alpi avrebbe mandato a vuoto la folle impresa.
      Dunque, nel momento decisivo, non v'era sul luogo più importante nemmeno un avamposto dei Romani; Annibale ebbe in conseguenza tutto il tempo di lasciar riposare il suo esercito, di prendere d'assalto, dopo un assedio di tre giorni, la capitale dei Taurini che gli aveva chiuso le porte e d'indurre tutti i comuni liguri e celti della valle superiore del Po ad allearsi con lui, o di vincerli col terrore prima che Scipione, il quale aveva assunto il comando nella valle padana, venisse ad opporglisi.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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