Annibale propose il riscatto dei prigionieri a spese del pubblico tesoro; l'offerta fu respinta e non si lasciò nemmeno entrare in città l'ambasciatore cartaginese inviatovi a tale scopo: non vi doveva essere nemmeno l'apparenza che il senato pensasse alla pace. Non solo gli alleati non dovevano credere che Roma si disponesse a transigere, ma doveva essere chiaro anche all'ultimo dei cittadini che per lui e per tutti gli altri, la pace era impossibile e la salvezza dipendeva solo dalla vittoria.
SESTO CAPITOLO
GUERRA ANNIBALICA: DA CANNEA ZAMA
1. La crisi. Lo scopo della discesa d'Annibale in Italia era stato lo scioglimento della federazione italica; esso era raggiunto per quanto poteva esserlo dopo tre campagne.
Era evidente che i comuni greci ed i latini o latinizzati, i quali non s'erano smarriti per la giornata di Canne, non avrebbero ceduto al timore, ma soltanto alla forza; ed il coraggio disperato, con cui persino alcune piccole città di provincia, come per esempio Petelia nel Bruzio, si difendevano contro il generale cartaginese senza alcuna speranza di salvezza, provava assai chiaramente ciò che questi doveva attendersi dai Marsi e dai Latini.
Se Annibale aveva calcolato di ottenere qualche cosa di più e di condurre anche i Latini contro Roma, queste sue speranze si dimostrarono vane.
Pare che nemmeno negli altri territori la coalizione italiana contro Roma abbia dato ad Annibale i risultati che egli s'attendeva. Capua aveva pattuito che Annibale non dovesse avere il diritto di chiamare forzatamente sotto le armi i cittadini della Campania; quei cittadini non avevano dimenticato il contegno di Pirro a Taranto, e credevano stoltamente di poter sottrarsi nello stesso tempo alla dominazione romana ed a quella dei Cartaginesi.
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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma 1938
pagine 371 |
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