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      Soggiogata che fu tutta la Sicilia, i Romani pensarono di ricondurvi l'ordine e la tranquillità.
      Si rastrellarono i molti malandrini che infestavano il paese e si trasportarono in massa sulle coste d'Italia affinchè devastassero col ferro e col fuoco il territorio degli alleati di Annibale, cominciando da Reggio. Il governo fece ogni possibile sforzo perchè rifiorisse nel paese l'agricoltura, che vi si trovava in completa decadenza.
      Nel senato cartaginese si parlò parecchie volte ancora di inviare una flotta in Sicilia e di ricominciarvi la guerra, ma tutto si ridusse a semplici progetti.
      7. Filippo e le sue esitazioni. La Macedonia avrebbe potuto influire più decisamente di Siracusa sull'andamento degli avvenimenti. Dalle potenze orientali invece non si potevano allora aspettare nè assistenza nè impedimenti.
      Antioco il Grande, alleato naturale di Filippo, dopo la decisiva vittoria riportata dagli Egiziani presso Rafia (537=217) dovette stimarsi felice di ottenere dall'indolente Filopatore una pace sulle basi dello stato di possesso anteriore alla guerra.
      La rivalità dei Lagidi e la continua minaccia di guerra, nonchè le sollevazioni di pretendenti nell'interno e le imprese d'ogni genere nell'Asia minore, nella Battriana e nelle satrapie orientali, gli impedirono di associarsi alla grande alleanza antiromana immaginata da Annibale.
      La corte egizia teneva decisamente per i Romani, coi quali rinnovò l'alleanza nel 544=210, ma da Tolomeo Filopatore non si poteva dare a Roma altro aiuto che le provviste di cereali.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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